La giornata perfetta a coronamento di una settimana di merda vera.
Soprattutto lavorativamente parlando, ma non solo. Casini su casini su casini.
Groppo in gola perenne e l’ascella irrimediabilmente crollata, come da manuale fantozziano. Il pranzo saltato, la pressione bassa e la sensazione di testa leggera. Il brufolo completamente fuori controllo (IL?!?) e i capelli mocio vileda style. Le visioni mistiche dell’insalata di riso avanzata ieri che mi aspettava a casa per pranzo e che ormai sarà la mia
L’ultimo giorno di luglio, il mio mese preferito che anche quest’anno si è volatilizzato nel nulla fra superlavoro, problemi, stanchezza e nervosismo. E un pensiero. Che mi attraversa la mente come un lampo.
In questi ultimi 12 mesi, stringi stringi, non hai combinato niente.
Niente di niente. 30 anni e mezzo e ancora un figlio non so se ce l’avrò. Ho fattocose & vistogente, certo, ma la meta la vedo ancora lontana. Se un anno fa avessi saputo che in altri dodici mesi sarebbe andata così, mi sarei abbandonata a una crisi di pianto isterico. Io che non piango mai.
E mi viene voglia di piangere anche adesso, anche se non lo farò. Mi sento alla deriva, sola, in balìa della tempesta, profondamente incompresa dagli altri che, la tempesta, o non la vedono proprio o fanno finta che non ci sia. So bene che me la caverò ma in questo momento è davvero dura. E come sempre non ho molte valvole di sfogo. Pure il corso di yoga riprenderà solo a settembre e a casa non ho la costanza di praticare regolarmente. Quello mi avrebbe fatto bene. Oppure ci sarebbe voluta una cospicua sessione di shopping, ma non ho voluto concedermi nemmeno quello. A meno che il veterinario, il gommista e il necessario rinnovamento del parco intimo in cotone da tutti i giorni non si possano catalogare come shopping.
Ciliegina sulla torta: sono anche ingrassata!
Avrei un bisogno profondo di essere coccolata e custodita con attenzioni speciali. Della mano sulla spalla di qualcuno che mi dicesse non preoccuparti, ci sono io, non pensare a niente, andrà tutto bene. Mi servirebbe un'ubriacatura di quelle sensazioni che si hanno quando si è piccoli e si è confortati nel lasciarsi guidare. Quando mia madre mi faceva la doccia, mi avvolgeva in un grande asciugamano e mi metteva sul divano a vedere Giochi Senza Frontiere. Quando andavi in tandem e potevi guardare in giro, anzichè fare attenzione a dove andavi. Quando mia nonna mi preparava la banana con lo zucchero e il limone nel piattino marrone della tazza da te. Quando mio padre si tuffava in acqua prima di me. Come quando Lui mi prepara la vasca da bagno e le candele accese. O quando un'amica ti fa un regalino senza motivo e ti dice "l'ho visto e ho pensato proprio a te".
In questo periodo mi manca tantissimo mia suocera. Più del solito. Lei avrebbe saputo ascoltare, accogliere, consolare. E non ultimo abbracciare. Lei manca sempre, ma nei momenti molto belli o molto brutti, ancora di più.
L'ho trovata recentemente negli occhi di sua madre, con piacere, ma non è la stessa cosa.
La stanchezza è indubbiamente tanta, diamo la colpa a lei di tutto il malumore, o almeno di una gran parte. Peccato però che le ferie siano ancora un miraggio lontano e che si debbano per forza stringere i denti. Ancora.
Non è la morte di nessuno, me ne rendo perfettamente conto. Ma le affinità fra la morte e la non-vita sono più di quelle che si possano pensare.
Spero di ritrovare presto la mia lucidità. E il consueto buon umore.
Non mi riconosco molto in questo vaneggiare depresso.
Intanto frugo qua in giro e cerco la scatola del magnesio, quella almeno dovrei riuscire a trovarla in fretta. Mi farà bene.