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mercoledì 9 ottobre 2013

E' nata una zia




Era venerdì e non vedevo l’ora di uscire dall’ufficio. Concentrazione zero e testa altrove. Battevo tasti e le mani erano completamente scollegate dal cervello. Finalmente me ne vado, a casa devo sistemare un paio di cose con gli artigiani che sono venuti a fare una riparazione. Finiscono e finalmente se ne vanno pure loro. Mi concedo una lunga doccia e asciugo i capelli con calma, tanto la valigia è pronta. E’ pronta da settimane, a dire il vero, e ieri l’ho aggiustata aggiungendo qualche capo più pesante, in questi giorni comincia a fare freddo. Arriva Lui e partiamo. Mangiamo in macchina qualche schifezza take-away. Durante il tragitto ricevo prove filmate delle tue evoluzioni nella pancia. 
Non ci stai più, è evidente.



Arriviamo ed è tutto chiaro. Adesso che sono nel posto giusto, dove e con chi desidero essere più di ogni cosa in questo momento, finalmente mi rilasso. Non devo nemmeno impegnarmi molto. Mi addormento come un sasso.



Sabato alle 10 facciamo colazione tutti insieme, come tante volte abbiamo fatto. Sarà l’ultima giornata senza di te. E’ dannatamente strano e normalissimo allo stesso tempo. Piove sottile sottile. Io e la tua mamma usciamo a fare qualche commissione. Andiamo in posta, in merceria e a comprare il pane. Tutti chiedono come mai tu sia ancora là dentro. (Sarà comodo comprare on-line, ma quanto possono cambiare la giornata i modi gentili delle persone vere dietro al bancone che conoscono il tuo nome?)



Mangiamo gnocchi al ragù e trascorriamo un pomeriggio pigro. I maschi davanti alla tv e le femmine con l’uncinetto in mano. Ci scappa anche qualche pisolino. Fa tanto famiglia e stiamo bene, comodi e rassicurati da questo menage sporadico ma collaudato. I maschi escono e sono di ritorno con la spesa, più l’occorrente per un brindisi. Hugo per tutti. A domani. A te. Alla tua mamma. A noi. Cin cin.



Arriva la cugina B. e ceniamo tutti insieme. La tensione comincia a salire e a renderci nervosi e pieni di spigoli. Andiamo a letto un po’ seri, poi ci ripensiamo e ci ritroviamo a fare la lotta tutti e quattro sul lettone. Per stasera i bambini siamo ancora noi.



Domenica è IL giorno. Ci alziamo presto e ci prepariamo a incastro. Il pilota automatico è inserito, ognuno sa quello che deve fare. Piove forte e alle 7:03 siamo in macchina. Il termine era fissato per il 25 settembre, 11 giorni fa, così alle 8:30 viene effettuata la prima induzione. Tutti tratteniamo un po’ il respiro. Cosa succederà adesso? “Dicono che ad alcune fa effetto tutto in un colpo, ad altre poco alla volta… può anche darsi che non succeda niente. E’ inutile che stiate qui. Tornate a casa, ci vediamo dopo durante l'orario di visita.



Per me uncinetto e riposino. Alle 13.10 ci sentiamo dire che “qui si è mosso qualcosa”. Torniamo in ospedale con un borsone  a righe bianche e rosse, pieno di vestiti piccoli imbustati con cura in sacchetti trasparenti numerati.



Alle 14:30 i dolori sono ogni 4 minuti e mezzo spaccati. Sono rimasta affascinata da questa precisione e da quanto tutto torni normale fra una contrazione e l’altra. Mia cognata un po’ meno e mi descrive cosa sente. Parla di crampi e di differenze con i dolori mestruali. Ovviamente non ci ho capito niente, ero troppo su di giri anche se mi sforzavo di non darlo eccessivamente a vedere. La ricordo solo attaccata al banco della reception del reparto e seduta nel salottino con la vestaglia gigante che le ho dato io e la camicia da notte che le ha regalato la cugina E.

Tu protesti continuando a scalciare. Certamente ti chiedi cosa cavolo stia succedendo.



Le cose procedono ma non siamo ancora a buon punto, è prevista la seconda induzione per le 16:00 e dobbiamo tornare di nuovo a casa. Stavolta non ne ho molta voglia. No, non ne ho voglia per niente. La tua mamma è coraggiosa ma comincia ad avere male sul serio e ho la netta sensazione che preferirebbe avere qualcuno accanto. Però non si può scegliere. Torniamo a casa. Preparo pasta al pomodoro per tutti e metto la pianta di basilico sotto la pioggia per un po’, credo abbia sete. Facciamo un altro riposino, sembra che la notte che ci aspetta sarà lunga….



“Ha chiamato. Ha detto di andare subito che le fanno il cesareo.”



Tre infiniti secondi di silenzio sono trascorsi gelandoci il sangue. Non potevamo vederci negli occhi, ma sono certa che sulle nostre tre facce ci fosse la stessa espressione. Ecco lo sapevo, perché siamo tornati a casa? Oddio speriamo che vada tutto bene. Chissà che paura avrà lei. Scommetto che stava piangendo come una fontana. Un po’ di paura ce l’ho anch’io. Ma perché nella vita certe cose si è costretti ad affrontarle da soli? 
Oddio, ma lo conosceremo fra pochissimo!



MUOVERSIIIII urlo. Come se gli altri due non lo sapessero. Un minuto dopo stavo già spostando la macchina predisponendola all’uscita (però non fatemi guidare, vi prego. Non me la sento). Lui si mette alla guida (fiuuuu) e si rende conto che la macchina fa un rumore stranissimo. Cambiamo macchina e aspettiamo il futuro papà col motore acceso. Ehi ma dov’è? Ah, eccolo. Partiamo.



Con le mani sudate, il cuore in gola e la pioggia dentro e fuori il cervello torniamo in ospedale da mamma e bimbo. A che punto saranno? Dovranno cominciare? Staranno operando? Avranno già finito?



Hanno appena cominciato. Attendete là. Da quella porta usciranno il bambino prima e poi la mamma.



Io sudo come neanche dopo tre ore di zumba. Lui è pietrificato. Il papà ha consumato il linoleum del corridoio a forza di fare avanti e indietro borbottando qualcosa tipo “ma non si può mica tribolare così… quando c’erano le cicogne non si faceva prima?”



Quella porta viene aperta diverse volte provocandoci non pochi tuffi al cuore. Poi arriva un letto con sopra le tue cose, le riconosco. Il momento si avvicina.



16:55 Un’infermiera mora vestita di bianco esce con un sorrisone e ci dice che  
sei nato.



Istintivamente faccio lo screenshot del cellulare per non dimenticarmi l’ora. Cosa che non ha assolutamente senso perché scopriremo dopo che sei nato alle 16:54 e difficilmente me lo dimenticherò.



La stessa infermiera riapre la porta. Dietro di lei c’è una culletta trasparente con un fagotto di carta bianco. Dentro ci sei tu. Ci dice che anche la tua mamma sta bene e tutta la paura svanisce. Definitivamente.



Adesso ci sono solo il tuo nasino, le tue orecchie tonde, i tuoi pugnetti e la tua testina perfetta. Io scattavo le foto e Lui ha filmato tutto. Appena ti danno al tuo papà e andate insieme ad aspettare la mamma, io e Lui ci riguardiamo il filmato non so bene quante volte di fila, io non riuscivo a ricordare quello che era appena successo. Il cervello era in tilt completo. Stai piangendo? Chi, io? Assolutamente no.



Voi aspettate lì a oltranza? Per vedere la mamma guardate che ci vorranno almeno due ore.NOI-NON-CI-SCHIODIAMO-SIA-CHIARO ci avete già fregato una volta, grazie.



Le due ore passano in fretta, fra telefonate ad amici e parenti, messaggi, visione in loop di foto e filmato.


Escono papà e bimbo. Finalmente vediamo anche la mamma. E’ un po’ pallida, ma molto meno provata di quanto immaginassi. Le hanno fatto la spinale e per fortuna non si è persa il momento. 


Sono felice. Siamo tutti felici. Lo strano mix di sensazioni preoccupate lascia campo libero a uno scombussolamento bello ed emozionato. Torniamo a casa col papà che si riprende un attimo e torna subito dal resto della famiglia per passare con loro la notte.



Sono troppo emozionata. Sono zia. E’ nato. E’ andato tutto bene. 
Il nostro miracolo si è compiuto.


Dormo come un sasso. Di nuovo. E al suono della sveglia non capisco assolutamente cosa stia succedendo.



Oddio com’è presto… oddio com’è... TARDI! Devo andare a dare il cambio al papà.



Sei nella tua culletta che sonnecchi, ogni tanto fai qualche guizzo e tiri calci e pugni esattamente come facevi nella pancia fino a ieri. Distolgo lo sguardo una frazione di secondo e ti ritrovo con gli occhi spalancati, che mi fissi inspiegabilmente dritto negli occhi, perplesso. Ecco, io lì mi sono innamorata. Benvenuto piccolino.

mercoledì 18 settembre 2013

Domani cambia la luna...



Ehi tu, che pochi mesi fa sembravi solo una bolla di sapone.
Tu, che oggi sei un piccolo calciatore e mi colpisci con forza, quasi a voler dire 
"zia sono qui! sono io!"
Tu, piccolo wrestler che a volte sembri un quasi alien dentro la pancia della tua mamma.
Tu che adesso sei una pancia che ci mancherà, anche se vederti finalmente fuori ci renderà pazzi di gioia e completamente ebeti.
Tu, che giochi con noi a "schiaccia la talpa" e vinci sempre.
Tu, che giochi anche a "stappa l'ombelico di mamma" e per fortuna perdi sempre.
Tu, che ormai sarai stufo di sentire la mia voce e tutti i nostri discorsi da femmine.
Tu, che hai già più vestiti di mamma e zia messe insieme e una vasca da bagno personale.
Proprio tu, piccolo aspirante ginecologo, che sei già pronto sulla rampa di lancio.
Qui fuori è tutto pronto. Stiamo solo aspettando te.

mercoledì 31 luglio 2013

Luglio col bene che ti voglio




Oggi finisce luglio. Io sì e no mi ero resa conto che fosse cominciato.

Luglio per me è sempre stato il mese preferito. Quello che è finita la scuola. Quello che da piccola facevo per intero al mare con i vari parenti che si alternavano. Quello che faceva caldo ma non troppo. Quello che, armata di telo, costume, Nokia 5110 rosso e graziella rosa, potevo starmene dove mi pareva dalle 9 della mattina alle 7 di sera. E poi di nuovo dopo cena. Libertà.



Poi è iniziata l’università. Le cose sono cambiate. Luglio era l’ultimo mese di studiate stakanoviste, per fortuna spesso in trasferta, rigorosamente in compagnia. Mi illudevo di essere in vacanza, anche se poi non lo ero per niente. Rimanevo bianco-mozzarella e una volta (una sola eh, che vi credete?!) è pure successo che mia mamma sbattesse fuori me e la mia amica C. a prendere un gelato, perché a forza di studiare ci eravamo ridotte a due larve rincitrullite.



2013: le cose sono ulteriormente peggiorate: lavoro da 5 anni in un posto dove luglio è uno dei mesi più caotici e duri dell’anno. Forse il peggiore in assoluto. Un periodo dove tutti sclerano e urlano si agitano e discutono e le ferie ahimè sono ancora lontane. Rimpiango moltissimo l’anno scorso quando a luglio ero in vacanza, in viaggio di nozze, per la precisione. Non accadrà mai più. Sigh.

Come se non bastasse il cantiere è ancora aperto. Apertissimo. E niente, io ogni tanto crollo. Sul lavoro alle volte sono talmente esaurita che rabbrividisco se solo ripenso a tutte le cose che ho fatto perché è assolutamente improbabile che non ne abbia toppata almeno una. A casa a volte ho la sensazione che le cose mi sfuggano di mano, che gli artigiani siano fuori controllo e che niente stia procedendo. In realtà non è così, però anche una tranquillona come me qualche volta si fa prendere dall’ansia. Prendiamo ad esempio il momento in cui, entrando nel mio bagno, non mi piaceva più. Dai, non è possibile! Erano 10 anni che pensavo a come farlo, ho disegnato sulla carta a quadretti circa un milione di soluzioni possibili, finalmente ho battezzato quella giusta, sono rimasta entusiasta quando ho visto i materiali in negozio e ho detto “voglio questo e quello”. Non era proprio possibile che non mi piacesse più. Infatti il giorno dopo m’è passata. Credo sia stato solo un crollo di nervi. Un momento no. Un po’ di stanchezza accumulata condita con la sindrome premestruale. Ecco, dai, diamo la colpa al ciclo, che ultimamente fra parentesi comincia a starmi discretamente antipatico.



Passerà, lo so. Sono certa che fra pochi mesi riderò a crepapelle pensando a me in questi giorni. Me con il dente sfasciato, che vorrei mettere questo smalto e non ho idea di dove l’ho imbucato, che lavo mutande a ciclo continuo perché ne ho tenute a disposizione solo una minima parte e ogni tanto capita che rimaniamo senza (veramente eh! Fortuna che fa caldo e il bucato si asciuga prima fuori che in asciugatrice). Mi faccio una gran tenerezza, a immaginarmi a correre di qua e di là e ad angustiarmi e rigirarmi nel letto di notte se mi viene in mente qualcosa che mi è sfuggito. Però io oggi sono questa qua. E passerà ancora qualche settimana prima che possa riderci su. Fortunatamente le ferie si avvicinano e le prossime due settimane saranno a regime parziale. Ciò significa che nei prossimi giorni di lavoro dovrò ingranare ancora una marcia (l’ultima che mi rimane, più di così schiatto) per terminare tutto e probabilmente qui mi troverete ancora più esaurita. Ma tant’è.



Vi lascio con un pensiero positivo, che credo di essermi sfogata abbastanza: stamattina mi sono svegliata di ottimo umore. Ho sognato che era nato il mio nipotino ed è stato un sogno bellissimo. Era minuscolo dentro la sua tutina di ciniglia azzurro carta da zucchero e aveva pochi capelli chiari. Mia cognata era bellissima e serena, vestita di panna e azzurro (*), lo teneva in braccio con dolcezza e ce lo mostrava per la prima volta. Mio cognato, felicissimo, giocava col bimbo che gli sorrideva e ridevamo tutti. Forse sembrerà un po’ banale ma mi ha messo molta allegria. Non è stato un sogno lungo ma era ricchissimo di dettagli che mi hanno colpita. Cercherò ti tenerlo presente quando avrò bisogno di un pensiero felice nei prossimi giorni.

(*) Sì, ho visto il video del principino George...  come dite? Condizionata? Io? Naaa.... ;)

lunedì 15 aprile 2013

It's a boy!




Ho sempre pensato a un mio ipotetico figlio come a una figlia femmina. Anche quando era un’idea remotissima. Anche quand’ero bambina.  Forse perché io sono femmina, forse perché mi veniva più normale pensare a una più istintiva empatia, forse perché mi piacciono molto tutte quelle cose frivole e femminili che avevo pensato di condividere con lei.



Da quando so che diventerò zia (pausa. Sì, divento zia. Fatemi crogiolare un attimo in questo bel pensiero, please. Fatemi assaporare quelle tre lettere una per una e poi di nuovo tutte insieme ZIA… oddio che effetto meraviglioso che fa. Ok, può bastare, dicevamo…?) che da quando so che diventerò zia, mi è venuto automatico immaginarmi una nipotina femmina.



Solo in un primo momento, però.

Perché poi altre sensazioni e altri ragionamenti hanno preso piede: pacifico che la priorità fosse l’importanteèchestiabene, e fin qui non ci piove, poi all’improvviso qualcosa dentro ha cominciato a dirmi che sarebbe stato bello anche se fosse stato maschio. Anche senza l’anche, scusate il gioco di parole. Stessa cosa per un ipotetico futuro figlio. 

Spettacolo se fosse femmina. Spettacolo se fosse maschio. 

Spettacolo un qualsiasi assortimento di genere di uno stuolo di futuri figli. Vabbè, una leggera predominante di speriamochesiafemmina lasciatemela… sono pur sempre una femmina io, in primis.



Oggi abbiamo avuto la certezza che il nipotino sarà proprio un nipotinO. Con la O. Ed è stato amore. La notizia mi ha pervasa e con essa una bellissima sensazione di festa, di allegria.

Qualche settimana fa avevo immaginato che questa eventualità mi avrebbe un po’ delusa, oggi invece l’ho immediatamente accolta con gioia. Sospettavo che sarei stata felice anche di un nipotinO già dopo un giro per negozi con mia cognata, quando ci siamo obbligate a guardare un po’ di vestiti da maschietto dopo essere state attratte in un primo momento da quelli da bambina. L’istinto mi (ci) ha portate da merletti, fiorellini e pois, ma, mentre guardavamo jeans e giacchette da dandy, ghettine, bretelle e camicine, body gialli che alla futura mamma piacciono tanto (ho scritto mamma...la parola ZIA è bella eh… ma MAMMA…….!) qualcosa mi diceva “ma guarda che alla fine non è mica poi così male! Ma guarda che… quasi quasi, sarebbe comunque meraviglioso.” Ho fatto fatica ad accorgermi che lo stavo pensando, che proprio io stavo pensando una cosa così, eppure.



Il bello della vita, l’ho già scritto, è viverla. Fantasticare non è niente male, detto da una pesci potete crederci (l’unica cosa che so sul mio segno zodiacale, fra l’altro). Ma rischiare che la fantasia prenda il sopravvento non va mica bene. Gli scossoni positivi che ti riportano con i piedi per terra sono un toccasana. Ti fanno apprezzare ancora di più la realtà e ti ci fanno sentire dentro nel ruolo del protagonista. E allora, avanti tutta! Godiamocela per bene, questa vita, soprattutto oggi, che è tutto un po' più blu.

mercoledì 3 aprile 2013

Pazza idea (di fare un salto all'ikea)

No, il titolo non è mio, ve lo dico subito. E' stato ciò che ha detto mia cognata quando abbiamo deciso così, su due piedi, di farci un giro all'Ikea di giovedì pomeriggio, quindi prendetevela con lei. 
La conversazione si è svolta più o meno così:



Ecco, spero di avervi strappato un ghigno con il fumetto, perchè da qui in poi non c'è stato più nulla da ridere. Credo.

Ho fatto una proposta indecente al mio capo per prendere un paio d'ore di permesso estemporaneo che lui ha accettato senza battere ciglio. Ancora incredula, ho fatto su baracca e burattini, acchiappato la cognata e in men che non si dica ero attorniata da microappartamenti multicolor, cucine a incastro con salotto e ufficio, numerosi pallet di tovaglioli in tutte le gradazioni dell'arcobaleno più una, renne a dondolo, chilometri di tubo appendimestoli, eccetera eccetera.

Ve le immaginate due donne all'Ikea di giovedì pomeriggio? Penso ne siate perfettamente in grado. Due ragazzine imbambolate in grado di scialacquare gli stipendi di un mese (e nel caso va anche bene) in meno di due ore. 

Guaaaaaaaarda che cariiiiiiino questo scopettino per il wateeeeeeer!
UUUUUUuuUUUUuuuuuuuuuuuuh questi piattini rosa sono deliziooooosi!
Daaaai proviamo le poltroneeeee!

Deliranti, lo ammetto. Ma ci divertivamo un sacco eh!
In realtà la visita dell'area mostra stavolta è stata anche abbastanza rapida, perchè noi, signore e signori, stavolta AVEVAMO UN OBIETTIVO.

Dico stavolta perchè l'Ikea è una nostra meta piuttosto frequente. Quando abbiamo voglia di fare shopping e abbiamo già risanato il bilancio delle nostre insegne di abbigliamento preferite, l'Ikea è un altro modo divertente di spendere soldi un'ottima diversificazione del business. Generalmente tentiamo di circuire una vittima sacrificale e la portiamo con noi, lo scopo del gioco è vedere quanto riusciamo a farle spendere. Abbiamo anche un taccuino segreto dove annotiamo la classifica, ma non lo renderemo pubblico nemmeno sotto le peggiori torture.

OBIETTIVO: questa è facile. Cosa mai ci andranno a fare una donna incinta e sua cognata a Ikea?! Dai, non mi dite che volete l'aiutino. Ovviamente: la cameretta! 

Noi eravamo partite con le migliori intenzioni per carpire tutti i segreti salvaspazio e scopiazzare i migliori abbinamenti cromatici. Avevamo addirittura preso anche la carta per scrivere oltre che la matita da infilare in borsa! (ditemi che lo fate anche voi, vi prego)

Però. 
Però alla fine dell'esposizione, quando finalmente si arriva all'area bambini... un telone blu. Un altro telone blu. Solo teloni blu e operai che ci lavoravano dentro. Non c'era rimasto nemmeno più uno schifosissimo peluche a forma di broccolo.

Una delusione pazzesca. Non so chi delle due c'era rimasta peggio. Mai vista in vita mia un'area in restyling dell'Ikea e... proprio oggi? Proprio l'area bimbi!? Che jella.

- Dai cognatina, non essere triste, vorrà dire che fra pochissime settimane sarà tutto nuovo e prenderemo degli spunti ancora migliori e...
- @#*ì[=O^#_V@ç !!!!
- Occhei, occhei.

Grazie al cielo hanno eliminato dall'assortimento la stoffa vietata ai minori, sarebbe stato davvero il colpo di grazia alla mia già provata sensibilità. (Sì, parliamone. Chi di voi l'aveva notata?! Io ancora non ci posso credere...)

mercoledì 27 marzo 2013

Bella la pancia





Mia cognata è incinta. La sua pancina dolce è abitata da qualche mese e io ho gli occhi a cuoricino. E’ un po’ come se fosse incinta mia sorella.



E’ un po’ come se fosse incinta tutta la famiglia. Siamo felici, non c’è che dire. 
Io anche un po’ invidiosa eh, ma che ve lo dico a fare?!



Da quando lei aspetta, Lui canta sotto la doccia. Lui, che a volte fa il rigidone e si vergogna a fare il tenero con la sorella, da qualche mese ne parla solo con aria adorante. Non davanti a lei, è chiaro. Lui è un uomo duro.



Io e Lui oggi ci stavamo scambiando qualche messaggio di ordine pratico-organizzativo e nel discorso era inclusa anche lei, la cognata abitata.

Lui taglia il discorso con una frase scollegata dal resto



Bella la pancia.

(piena)

(di sua sorella)

(che comincia a vedersi appena appena)         



Che spettacolo, avrò un nipotino sul quale potrò fare pratica. Non sto già più nella pelle!!!

PS No, non sto meditando di trasformare il blog in un'enciclopedia botanica, ma la settimana scorsa ho fatto alcune foto a tema floreale che mi mettono allegria, quindi ora ve le propino qui ;)

giovedì 14 febbraio 2013

Sono felice perchè...

perchè ogni sera posso abbandonarmi serena nell'abbraccio dell'uomo che ho sposato e che amo.
perchè se non facciamo un bimbo adesso riesco ad occuparmi per bene del nido che lo accoglierà.
perchè se per caso cambiamo idea e lo facciamo, beh...!
perchè, anche se non avevo particolari richieste, qualcuno sta covando per me il regalo di compleanno più bello.
perchè alla fine non posso davvero lamentarmi di niente.

Essere felici è un lusso e contemporaneamente una scelta consapevole, quando però si hanno delle ottime motivazioni è ancora più bello esserlo.
Cos'è San Valentino per me? Un momento per ricordarci di essere felici. Per volerci bene.


Buon San Valentino a tutti ;)